Quando un’Associazione, una Società Sportiva Dilettantistica o un Ente del Terzo Settore (anche un'impresa sociale) decide di proporre tra le proprie attività anche la vendita di cibi, beveraggi e/o integratori, nasce spesso un dubbio: è somministrazione di alimenti e bevande oppure è vendita (per asporto)?
La distinzione non è puramente formale, poiché da essa discendono differenti autorizzazioni, obblighi igienico-sanitari ed oneri, motivo per il quale cerchiamo di chiarire il contesto normativo di riferimento e le relative implicazioni pratiche per tutti gli Enti Non Profit.
La nozione di somministrazione non trova più oggi una definizione normativa espressa in un singolo articolo di legge, poiché gran parte della disciplina, contenuta nella Legge n. 287/1991, è stata abrogata dal D. Lgs. n. 59/2010, motivo per il quale per comprenderne il perimetro è necessario rifarsi alle prassi amministrative, ai regolamenti comunali, alle interpretazioni ministeriali nonché alla giurisprudenza amministrativa e di legittimità. Così facendo si ricava una definizione di somministrazione come attività di cessione di alimenti e bevande accompagnata da consumo sul posto, con servizio o assistenza, che profondamente differisce dalla mera cessione di prodotti confezionati (siano essi cibi o bibite), che rientra invece nella vendita al dettaglio.
In funzione di ciò, sulla carta, la differenza è semplice e
banale:
- se il prodotto viene aperto e/o preparato e/o servito con assistenza per
il consumo sul posto = somministrazione;
- se il prodotto è ceduto confezionato e sigillato, non manipolato e senza
mescita = vendita per asporto.
La differenza tra le due fattispecie si traduce in conseguenze pratiche, infatti:
La ratio, a monte, è evidente (oltreché condivisibile): se una persona opera direttamente sul prodotto che verrà consumato allora dovrà avere competenze specifiche in materia; qualora invece questa si limiti a cedere un prodotto confezionato (a nulla rileva sul punto che trattasi di una felpa piuttosto che di una lattina, fatti salvi i rilievi sulla corretta conservazione) allora non occorreranno prerequisiti di sorta.
NB: la regola e gli adempimenti che ne discendono valgono a prescindere dalla circostanza che la cessione di alimenti e bevande avvenga dietro corrispettivo piuttosto che gratuitamente.
La vendita di beni costituisce sempre attività commerciale, con rilevanza ai fini delle imposte dirette e dell’IVA. Per questo è necessario comprendere gli adempimenti connessi a detta attività, in particolare:
NB: attenzione anche all’IVA, che può variare a seconda del prodotto nel caso della vendita al dettaglio mentre per la somministrazione di alimenti e bevande si attesta ad oggi al 10%.
Per associazioni, società sportive e imprese sociali, la differenza tra somministrazione e vendita per asporto è tutto fuorché un dettaglio: incide infatti sugli adempimenti autorizzativi e sui conseguenti rapporti con i Comuni, motivo per il quale è necessario comprendere per bene i confini della propria attività per individuare le formalità di legge previste per il suo corretto esercizio.