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Enti Non Profit: perchè fare un business plan?


11 novembre 2019
Enti Non Profit: perchè fare un business plan?

Cos’è uno studio di fattibilità (o business plan)

Il piano di fattibilità (o business plan) è lo strumento per eccellenza (gli altri sono l’intuito e la dea bendata) che può permettere scientificamente, con un "rischio calcolato", ad un'idea teorica di divenire progetto "sulla carta", da perseguire poi in quanto sostenibile e “fattibile” anche sul piano economico e finanziario.

Si deve poggiare su rigore scientifico e metodologico, quindi deve esistere a monte un modello teorico da applicare ed utilizzare al fine di “misurare” l’idea progettuale (o project idea).

Perché realizzare un business plan

Ritenere il valore ideale ed etico (stiamo sempre parlando di Enti senza fine di lucro, ispirati per definizione da una finalità ideale in assenza di possibile distribuzione di utili) sufficiente per intraprendere un progetto, investendo tempo (spesso molto) e denari (solitamente ancor di più) rappresenta un grave errore, in quanto è necessario quantificare con anticipo in via preliminare le risorse economiche minime per garantire la sostenibilità del progetto oltreché il punto di pareggio per l’equilibrio economico dell'iniziativa posta in essere. Questo anche per poter decidere (legittimamente, ma a posteriori e con cognizione di causa) di operare magari "in perdita" per un lasso di tempo contenuto, con la copertura del disavanzo già stimata e dunque in qualche modo "gestita", senza ricevere brutte sorprese in occasione dell'annuale approvazione dei rendiconti economico - finanziari.

Cos’è l’equilibrio economico

Anche per un Ente Non Profit l’equilibrio economico si può facilmente individuare comparando i ricavi (le entrate, verificate o stimate in un periodo di tempo definito) e le uscite (nello stesso periodo temporale), lasciando al di fuori (ma solo per il momento) i flussi finanziari (ad esempio il costo relativo all’acquisto una tantum delle attrezzature). Seguendo lo stesso esempio, occorrere poi determinare un costo di manutenzione e di ammortamento (spesso un valore significativo da armonizzare) per poter stimare il raggiungimento di un vero e proprio equilibrio finanziario. In altri termini un conto è raggiungere il punto di pareggio in funzione delle spese correnti, un altro è quello di tenere conto anche di tutti gli investimenti necessari (sia effettuati con soldi propri, a maggior ragione se si è ricorso agli Istituti di credito) per ripartire o per continuare a rimanere in adeguata “velocità di crociera”.

Perché utilizzare questi termini nel settore del non profit

Lo scandalo non sta nella rigorosa applicazione di un modello economico virtuoso anche in questo comparto ideale e solidale, quanto nel pensare che siccome il fine non è economico può essere possibile evitare analisi preventive, con il rischio del tutto concreto (che ogni giorno verifichiamo, purtroppo) non solo di una navigazione lenta e difficoltosa, ma spesso di una gestione inefficace e negativa, peggio ancora se per ragioni sconosciute. Quindi impossibile da ottimizzare, tanto meno da raddrizzare con rapidità, perché senza riscontri e analisi si “naviga al buio” o, peggio ancora, a caso.

Mi sono trovato spesso a rispondere a molti autorevoli interlocutori che “il metodo non va confuso con la nobiltà d’animo”. Posso anche scegliere (fortunatamente) di non ambire ad un vantaggio economico personale, ma non per questo posso utilizzare tale giustificazione per legittimare che l’Ente che presiedo possa essere gestito senza metodo. Posso accettare le perdite, coprirle, ma non è accettabile lo stupore. Tanto meno il ricorso a pratiche per così dire “bizzarre”, magari celandosi dietro ad un "tanto sono non profit"...

Business Plan fondamentale così come la comunicazione/promozione/pubblicità delle proprie attività

Già … è lo stesso ragionamento riguardo la facoltà, per un Ente Non Profit (Associazione o Società Sportiva che sia), di comunicare. Certo che ha l'opportunità e la facoltà di "farsi pubblicità" (e ci mancherebbe altro!), certamente utilizzando anche al massimo i vantaggi del senso estetico e quelli di una comunicazione assertiva. Chi sostiene che un Ente senza finalità di lucro non possa comunicare, o sia legittimato a farlo solo in modo scadente, è persona che ignora.
Ciò che però è ovviamente indispensabile è che sul piano formale e sostanziale la comunicazione sia sempre ispirata alle finalità ideali e non economiche che devono muovere un Ente Non Profit, con tutti gli esempi virtuosi del caso.

Quindi certo che un'associazione (culturale o sportiva che sia, piuttosto che un "prossimo" Ente del Terzo Settore oppure una Società Sportiva Dilettantistica) può fare pubblicità a se stessa, perchè la comunicazione non può essere al solo servizio degli enti con finalità di lucro! Il problema è il "come"! Allo stesso modo "fattibilità" e "sostenibilità" sono termini assolutamente coerenti anche per gli enti non profittevoli.
Il metodo di analisi scientifico fa sempre la differenza, unito alle competenze, anche per gli Enti Non Commerciali!

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