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Il divieto di distribuzione di utili


01 febbraio 2023
Il divieto di distribuzione di utili

Principio ispiratore dell’intero comparto non profit, il divieto di distribuzione degli utili ne rappresenta un elemento cardine, anche alla luce delle modifiche apportate dalla Riforma dello Sport e del Terzo Settore.

Divieto di distribuzione degli utili per ASD/SSD

Indipendentemente dalla forma giuridica scelta per promuovere l’attività sportiva dilettantistica, tenuto conto delle novità introdotte dal cd. Decreto Correttivo (D. Lgs. n. 163/2022), il divieto di distribuzione degli utili deve essere rispettato anche (ma non solo!) attraverso il suo esplicito inserimento in statuto.

L’art. 7 del Decreto Legislativo n. 36/2021 infatti, prevede l’indicazione espressa in ossequio alle previsioni del successivo art. 8, secondo il quale ASD ed SSD devono destinare eventuali “utili ed avanzi di gestione allo svolgimento dell’attività statutaria o all’incremento del proprio patrimonio”. A tal fine, risulta dunque vietata “la distribuzione, anche indiretta, di utili ed avanzi di gestione, fondi e riserve comunque denominati, a soci o associati, lavoratori e collaboratori, amministratori ed altri componenti degli organi sociali, anche nel caso di recesso o di qualsiasi altra ipotesi di scioglimento individuale del rapporto”.

Divieto di distribuzione degli utili post-Riforma dello Sport

Il citato art. 8, specifica, al comma 3, che gli enti sportivi dilettantistici, “se costituiti nelle forme di società di capitali e cooperative” (ad accezione delle società cooperative a mutualità prevalente) possono indirizzare “una quota inferiore al cinquanta per cento degli utili e degli avanzi di gestione annuali”, dedotte le perdite maturate precedentemente, “ad aumento gratuito del capitale sociale sottoscritto e versato dai soci”, nei limiti delle variazioni dell’indice ISTAT relativo ai prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, “per il periodo corrispondente a quello dell’esercizio sociale ”in cui sono prodotti, “oppure alla distruzione, anche mediante aumento gratuito del capitale sociale o l’emissione di strumenti finanziari, di dividendi ai soci, in misura comunque non superiore all’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato”.

La quota di utili da destinare è aumentata fino all’ottanta per cento nel caso in cui tali enti gestiscano “piscine, palestre o impianti sportivi in qualità di proprietari, conduttori o concessionari”, fermo restando la necessaria autorizzazione della Commissione europea per l’efficacia della misura.

Assenza dello scopo di lucro per Enti del Terzo Settore

Con altrettanta chiarezza, l’art. 8 de Codice del Terzo Settore vieta la distribuzione di utili, “a fondatori, associati, lavoratori e collaboratori, amministratori ed altri componenti degli organi sociali”, pure in caso di recesso o altre ipotesi di “scioglimento individuale del rapporto associativo”, specificando che il patrimonio degli ETS, inclusi eventuali ricavi e proventi, debba essere utilizzato “per lo svolgimento dell’attività statutaria ai fini dell’esclusivo perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale”.

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